“Finalmente un gruppo corale…nostro”

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“Finalmente un gruppo corale…nostro”

La chiesa di S. Nicolò, domenica scorsa (2.12.1956) era gremita. E’ presente Mons. Vicario Generale, in rappresentanza di S.E. Mons. Vescovo, assente per impegni di ministero. Il popolo è in attesa; prendono posto i bravi coristi, fra cui emerge la sig.na Emilia Gaoni, che ci farà  udire le note ardite della sua bella voce. Si spandono per le volte del Tempio i primi accordi degli strumenti; Don Ugo, con la bacchetta in mano, si presenta semplice, ridente e dà  il via. Il coro del Nabucco, “Gli arredi festivi”, apre il programma musicale; l’orchestra da sola esegue il famoso “Largo” di Haendel e, di nuovo, un coro compatto, armonico “per l’aer sacro a Dio move le penne”: è l’ Angele Dei dalla Gioconda. Freme il pubblico alle prime note del coro dei Lombardi, “O Signore dal tetto natio”; esplode in prolungati applausi al canto di ” Va pensiero” dal Nabucco. Il “Coro muto” da Madame di Batterfly riscuote i più entusiastici consensi, come pure i due ultimi brani “O tu che desti il fulmine” da La Battaglia di Legnano e “Inneggiamo al Signore” dalla Cavalleria Rusticana. Ma da chi è composto questo Gruppo corale S. Cecilia ? Chi è che con grazia, slancio ed amore interpreta questi brani che, noti ormai agli orecchi di tutti, hanno la potenza di suscitare sempre nuove sensazioni, di far scoprire sfumature recondite, di far palpitare il cuore e godere momenti così rari nella vita ? L’arte, che, a Dio quasi nepote, si avvicina a noi e ci comunica qualcosa di divino e di eterno. Ma chi è, dicevo, che ha voluto offrire al pubblico fabrianese, che sente ed intuisce il fascino della musica, un così completo trattenimento ? Guardiamoli in viso questi cantori: sono semplici dilettanti che, senza alcuna pretesa, risposero alla chiamata di un sacerdote, nostro concittadino. E’ Don Ugo Carletti che, con passione apostolica, raccoglie intorno a sè giovani e adulti: sono operai, buone massaie, e mamme di famiglia, giovani studenti e giovanette che Don Ugo istruisce e lancia; li presenta al pubblico, ed il pubblico, giustamente, applaude, ammira ed incoraggia cantori ed orchestra e, soprattutto il bravo Don Ugo. Presso la casa ospitale della Contessa Anna Vallemani, che è parte viva del Coro S. Cecilia, si radunano i dilettanti: sono i veterani fedelissimi che, stanchi dal lavoro giornaliero, si sacrificano a dare il tempo alle prove di canto; sono vicino ad essi le giovani reclute che offrono la freschezza della loro voce, l’entusiasmo dell’età , lo slancio dei loro cuori che si aprono , finalmente, verso qualcosa di bello, di buono e di sublime. Essi dicono a coloro che scuotono il capo e guardano con occhio diffidente ai giovani d’oggi, che anch’essi palpitano di fronte all’arte vera che avvince; che anche essi hanno la forza di rinunziare a qualche ora di divertimento, per offrire agli altri il dono di un canto che eleva lo spirito ed avvicina a Dio. Questo è certo lo scopo principale che anima gli organizzatori e, in special modo, il valente Don Ugo: fare del canto un’opera altamente apostolica, educare al bello la gioventù, che deve pur vivere e vedere il male che turbina nel mondo di oggi; esserle accanto e di fronte non solo con la bacchetta che dirige, ma con l’ardore dell’arte, intesa come aspirazione al divino, con il cuore del padre, con la mente del maestro, con l’animo del Sacerdote che, educando artisticamente e spiritualmente, intende realizzare una missione, che è in perfetta armonia con tutte le note meravigliose, che si sprigionano dalle creature, che vogliono dar lode a Dio.

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