La laurea del coro
A forza di sentirsi dire, che bravi, che bello, dopo centinaia di concerti prestigiosi, anche nell’ambito di stagioni sinfoniche, di festival delle Nazioni, Sagra Umbra, tournee europee onori, gloria,ecc, ecc, alla fine si comincia a crederci sul serio. Ma un corista sa che per sentirsi bravo davvero, deve confrontarsi con i professionisti, imparare da loro, anche se il suo status di dilettante non cambierà. Ed ecco che, in un momento di esaltazione mistica e tramite i buoni uffici del maestro Marini, il presidente del Coro, Adriano Abatelli, invita il maestro Boris Tevlin, settantasei anni, mitico direttore del Coro da Camera del Conservatorio Tchaikovsky di Mosca; praticamente il più grande in circolazione, nel mondo. Per dieci giorni, ha tenuto lezioni, prove di canto, di comportamento e di portamento. E dato ordini perentori. Il destino ha voluto, che il maestro Tevlin lavorasse, da sempre, con professionisti di quelli che calcano i teatri più importanti del mondo; è facile immaginare che sono stati, per i nostri, dieci giorni di lacrime e sangue. Uomo amabile e gentile, ma inflessibile sul lavoro. Tra l’altro il repertorio era in lingua russa ed i nostri si erano preparati con la corista Nataliya, anche lei russa, con le difficoltà che solo una lingua completamente sconosciuta può dare. Ma il maestro li ha trattati da veri professionisti, senza indulgenza. Tre ore al giorno, tutti i giorni, tecniche di respirazione, chi fuma o chi non è in forma non canta, puntualità assoluta, obbedienza assoluta anche a gesti minimi, sincronia anche nel riporre e nell’aprire la cartella delle partiture. Se c’era da bastonare, ha bastonato senza remore, inculcando l’ossessione del fine, del concerto, del “collettivo”; se non avessero cantato come voleva lui, cioè da professionisti, non avrebbe diretto. Non era qui per piacere, ma per lavoro, per insegnare e lui dirigeva solo quello all’altezza, non per cortesia. Non c’era da stare allegri, anche perché c’era da cantare in russo correttamente, senza leggere. Anche io, in veste di fiancheggiatore del coro,sono stato coinvolto; per rabbonirlo,dopo il primo giorno di prove, l’abbiamo portato a San Silvestro, dove si è rilassato con il presepe e i quadri di fra Giuseppetto, intrattenuto dalla sapienza musicale del Priore don Lorenzo e dalla voce solista del monastero don Giovanni, apprezzato, anche dal Maestro,come vignaiolo e produttore di grappa al basilico. Ha conosciuto don Gherardo, poco prima della sua improvvisa morte. A sera, uscendo dal monastero, dopo aver pregato per l’intercessione di San Silvestro, ho detto al Maestro, che tutto sarebbe stato pronto per domenica. Ha risposto, tramite Nataliya: “speriamo nel miracolo!” E miracolo fu. Dopo otto giorni di visite, presentazioni alle autorità, gite al mare e in montagna, prove, prove e prove, alla sera di domenica 10, malgrado i funesti presagi della sdenticata presa contro Jesi nel basket, il concerto era pronto. Il Maestro sedeva sereno, in disparte per concentrarsi, non infastidito della mio saluto, un po’ ruffiano, anzi. Buon segno, ho pensato. Il coro, per la verità, appariva un po’ snellito, non tanto per la cura Tevlin, ma per l’influenza causa dell’impossibilità a partecipare a tutte le prove, con assenze importantissime. Dura lex sed lex. La tensione dell’evento, aveva preso anche la platea, come sempre numerosissima, che aspettava in religioso silenzio. Dopo aver dato il primo accordo, il Maestro, con un gesto impercettibile della mano, ordinava l’apertura degli spartiti, che si aprivano con un “flap” sincrono, nel silenzio generale. Il primo brano è stato seguito, dagli intimi e dai coristi incerottati in panchina, quasi in apnea. Con lo sguardo, ci si cercava come per dire “mi sembra che vada bene”. Marini in prima fila, guardava fisso sopra l’altare o seguiva lo spartito,senza fare facce strane.. ma si che va!!!. Anche la giovanissima solista, sicura promessa, Beatrice Mezzanotte ha avuto la conferma della sua classe, adesso certificata. Il padre Benvenuto, grande sassofonista, prima che “segaossi” affermato, luccicava da lontano. Il popolo fabrianese, guidato dal Sindaco e dall’assessore Ruggeri, ha capito l’evento e dopo una partecipazione perfetta, senza nessun bisbiglio, strascinamenti, uscite ed entrate fuori luogo ecc, ha tributato una clamorosa standing ovation, facendo sentire tutto l’affetto al suo coro. Ed è andata alla grande, con il Maestro che alla trattoria Marchigiana, si congratulava con i coristi, finalmente rilassati. Si brindava alla laurea del coro. Il Maestro ci lasciava presto perché doveva partire l’indomani, ma anche perchè un vero professionista va a letto presto. Tanti abbracci, veramente commossi. Ma il Coro, ritornato godereccio e dilettante, brindava ancora a lungo, alla sua maniera, fraternamente. Adesso possono veramente considerarsi, più di un coro di dilettanti. Possono arrivare dove vogliono, tanto scoglio più duro, non lo troveranno mai più. Se poi ci si rincontrasse, a Mosca, per far valutare i progressi ulteriori e per dare voce anche agli assenti forzati,vi accompagno e vengo a salutare il vecchio amico Boris Tevlin. Un pensiero al Maestro Marini, l’artefice del salto di qualità, che si è esibito all’organo, al Consiglio Direttivo e al presidente Abatelli che con tenacia ha voluto l’evento, seguendolo passo passo e trasformandosi in autista personale del Maestro, intrattenitore, paggio permanente, per 10 giorni di fila, sacrificando lavoro e tutto il resto; a Nataliya, vero esempio di come ci si possa integrare perfettamente nella nostra Fabriano, entrando a far parte di uno dei simboli più cari. Alla fine, era stremata dalle traduzioni. Credo che tutti abbiano avuto l’impressione della svolta epocale; il Coro sale di molti gradini la scala dei valori aprendo nuovi orizzonti. Al Comune non resta che approfittarne cogliendo la più ghiotta e facile delle occasioni. Grazie, zio Boris, mi hai quasi commosso. Marcello Latini