Santa Cecilia, coro senza più confini

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Santa Cecilia, coro senza più confini

Ora che i coristi del S. Cecilia non ci possono sentire perché sono tutti partiti per Malaga, diciamocelo tra di noi, senza peli sulla lingua: ma quanto sono bravi!

Un coro come il nostro se lo sognano altre città ben più importanti di Fabriano (lo diciamo in loro assenza perché le lodi, il successo possono dare alla testa e allora, se incominciano a darsi troppe arie, chi ci combatte più con loro?).

Domenica scorsa per la festa di S. Giovanni Battista hanno contato in Cattedrale la Messa di Dvorak e una Messa più solenne, anzi sublime, di questa mi pare di non averla mai ascoltata. Mi sono tornati alla memoria i versi famosi del Belli, che mentalmente ho riadattati alla circostanza: “Li fabbrianesi non fanno antro che ddi ssì che piascere è de sentì a San Venanzo er miserere ch’er Maestro Marini l’accompagna” (all’organo). La musica sacra é grande musica perché ispirata ai misteri della fede ed é necessariamente elevazione spirituale, tensione verso ciò che ci trascende. Ma gli esecutori non possono essere mediocri e noi di Fabriano abbiamo la fortuna, o la grazia, di non averli mediocri. In S. Venanzo il Coro S. Cecilia cantava nella Messa pontificale e il loro canto possente e armonioso era azione liturgica: non si poteva applaudire.

Ma dieci giorni prima, nella chiesa di S. Benedetto, lo stesso coro si era esibito in un concerto, si in onore del Battista, ma comunque concerto. E allora gli applausi sono stati calorosi, scroscianti. E i volti di tutti esprimevano grande soddisfazione, anzi tripudio. Si esibiva con il nostro Coro il quartetto “Laudare et delectare” (Agostinelli-Zatti-Scaramozzino-Fontemagi) con antichi strumenti musicali e grande è stata la lode all’Altissimo e alla Vergine Santa, come grande il diletto dei tanti ascoltatori.

Si è attinto abbondantemente al medioevale Laudario di Cortona, ma il gruppo corale, accompagnato dall’organo di Sauro Argalia, ha eseguito anche splendide “Ave Maria” del cinquecentesco Caccini, del suo contemporaneo fiammingo Arcadelt, di Dvorak, il trionfale barocco “Te Deum” di Charpentier ecc. ecc. Ma prima di tutto, in apertura di concerto si è cantato il “Regina coeli”, novità del compositore fabrianese Giorgio Spacca, che ha musicato con felice invenzione melodica, le parole del cartiglio della Madonna di Gentile da Fabriano custodita a Perugia.

Un programma così vario e impegnativo richiede doti e abilità non comuni, che il Coro S. Cecilia sicuramente possiede. Ancona una volta ricorro al Belli: “Che gran belle funzioni a ‘sto paese!”. Ha cinquant’anni e passa il Coro ed ha raggiunto una splendida maturità. Quanta strada ha fatto da allora, da quando fu fondato da don Ugo Carletti! Grazie alle solide basi da lui poste, ma grazie anche ad una ammirevole tenacia e a un altrettanto forte amore per la musica da parte dei coristi. Il Coro é sopravvissuto al suo fondatore che ora sarebbe ben felice di vedere come la sua creatura abbia addirittura superato il genitore e maestro. Bisogna dire, infatti, che passi da gigante li ha compiuti con l’attuale direttore Marcello Marini che correndo da Città di Castello a Fabriano e da Fabriano a Città di Castello ha portato il gruppo corale fabrianese a livello di Festival delle Nazioni.

Adesso che avete letto questo articolo, strappate la pagina de “L’Azione” che lo contiene e gettatela a pezzetti tra la “monnezza”. E quando tornano quelli di Malaga, già soddisfatti per proprio conto per i successi riportati nella cattedrale di quella città (e forse anche tra le malaguenas salerosas) acqua in bocca.

Polidoro

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