STABAT MATER…
«Stabat mater dolorosa – Stava la madre addolorata
iuxta crucem lacrimosa – in pianto presso la Croce
dum pendebat Filius – da cui pendeva il Figlio».
Con questa antifona sulle labbra è entrato in processione nella chiesa del monastero di San Silvestro il Coro di S. Cecilia, domenica 22 marzo alle ore 11,30 appena terminata la santa messa. Era veramente la continuazione della celebrazione eucaristica della V domenica di quaresima (che nell’antica liturgia si chiamava «domenica di passione») e tutti i partecipanti hanno capito subito che si trattava di entrare in un’atmosfera particolare di preghiera e di meditazione.
Sì, «Preghiera sotto la croce» (come diceva la locandina). In quel momento tutti ci siamo sentiti sotto la croce di Gesù insieme a Maria, a contemplare i dolori di Gesù, tutti sentivamo che dovevamo stare lì a pregare in silenzio, mentre i cantori proponevano «brani musicali di autori che in epoche diverse e con stili e con sensibilità diverse si sono misurati con la morte e la risurrezione del Signore». Sì, il modello era Maria: «l’unica creatura umana totalmente aperta all’amore di Dio e alla sua volontà, che è la testimone dell’ingratitudine umana. Maria stava sotto la croce. Il verbo non indica soltanto la presenza, ma la presenza partecipe. Non assiste soltanto il Figlio. Ripara insieme a lui la nostra lontananza dal Padre» (dai testi di d. Tonino Lasconi).
Con questa convinzione profonda i fedeli hanno seguito le fasi di questa preghiera e meditazione in canto: i vari brani conducevano a contemplare i misteri della passione di Gesù, partendo dall’incarnazione («Et incarnatus est – si è fatto uomo», per noi); vedendolo prostrato in angoscia nell’orto degli ulivi («Tristis est anima mea – la mia anima è triste fino a morirne» e «In monte Oliveti – Sul monte degli ulivi»), fino al grido angosciante del «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», a cui anche la natura rispondeva con le tenebre («Tenebrae factae sunt – Si fece buio su tutta la terra»). La nostra risposta non può che essere il pianto insieme a Maria («Stabat Mater» e il «Pianto di Maria» ) e la consapevolezza che noi siamo ingrati all’amore di Dio («Popule meus quid feci tibi? – Popolo mio, che cosa ti ho fatto?»), il quale ha caricato Gesù dei nostri peccati (Vere languores nostros… – Veramente ha preso su di sé le nostre debolezze e le nostre sofferenze») e quindi non possiamo fare altro che chiedere perdono («Miserere… – Pietà di noi»). Ma l’ultima parola è il ringraziamento e il saluto alla Croce di Cristo («O Crux ave spes unica – Salve, o Croce, unica speranza») e la proclamazione del nostro amore per lui («O bone Iesu – O buon Gesù»): «La nostra preghiera si conclude con una appassionata invocazione a Gesù, che esprime la nostra partecipazione alla sua croce e il nostro ringraziamento per la sua opera di salvezza, per il suo sangue che, redimendoci, ci ha creati di nuovo, ci ha fatti rinascere alla speranza di una vita terrena che, vissuta nella fedeltà al Padre e ai fratelli, diventa eterna» (dai testi di d. Tonino Lasconi).
Con i testi di commento su ogni brano, brevi e puntuali, di d. Tonino, proclamati (a volte quasi sussurrati) dalla voce profonda e vellutata di Oreste Aniello, gli amici cantori del Santa Cecilia, accompagnati all’organo da Mirella Dirminti e diretti dal M° Paolo Devito ci hanno veramente condotti a un’intensa «Preghiera sotto la croce», in un’ora di profonda atmosfera spirituale e come degna preparazione alla settimana santa.
Li ricompensi il Signore crocifisso e risorto, insieme alla Vergine Maria, addolorata e gloriosa insieme, e conceda loro di mettere la loro arte musicale a servizio di Dio e alla edificazione del popolo cristiano.
Grazie di cuore, cari amici e Buona Pasqua!
I monaci di San Silvestro.