“Un altro successo del Gruppo Corale S. Cecilia”
Roberto Ruggeri (27.1.25) Ex corista fondatore del Gruppo.
Sentite quali sensazioni dà l’ascolto di un concerto del Gruppo Corale S. Cecilia ad un ex corista nel marzo del 1962. Roberto Ruggeri è stato uno dei fondatori del Coro, uno dei primi a seguire Don Ugo e dice: ” Provate, miei cari lettori, provate a sentire il coro quando esegue qualche brano polifonico, ascolate quei suoni, non opponete loro resistenza, accoglieteli in voi e sentirete ravvivarsi qualcosa di sopito che è latente in un angolino del vostro “io”, sentirete vibrare i sentimenti più nascosti, vi sentirete portati verso un mondo bello e sublime. Tacete ed ascoltate, vi sentirete migliori, più buoni, lontani dai pensier d’ogni giorno. Quella di sabato scorso è stata una ottima prova, una meravigliosa serie di esecuzioni nell’eccezionale e signorile scenario della Sala AVIS. Vada tranquillo Don Ugo, ritorni a cimentarsi nel concorso Internazionale Polifonico di Arezzo, ha in mano i suoi cantori, sa trarre dalle loro voci il meglio, sa dare la giusta interpretazione ad ogni brano. Quel “Sicut cervus” del Palestrina, lieve nelle sue fioriture, in quello entrare progressivo e cromatico delle voci che ha fatto seguito allo “Exultate justi” del Viadana, possente e sostenuto è stato un ottimo inizio del “Concerto vocale di musica polifonica e folcloristica”. La mestizia solenne del “Requiem aeternam” della “Missa pro funerandis francorum regum” del Du Caurroy, intercalante fra i mottetti del Perosi, del Van Berchem, del Palestrina e Mozart, ha saputo dare un tocco magico. La sala tutta era attenta, pendeva dalle labbra dei cantori e si guardava quasi con ira, chi muoveva, senza volerlo, una poltroncina, aggiungendo un rumore molesto che interrompeva, quasi, quel fluido magico che permeava i nostri animi, d’attenti ascoltatori, d’una dolcezza nuova e infinita. Dopo un brevissimo intermezzo, abbiamo ascoltato con gioia il coro dei battellieri russi “Volga Volga” e “La Montanara” cori possenti, posti di contro alle sublimi sfumature della “Stille nacht” del Gruber. Tutto era bello, ma tremendamente breve, troppo breve e dopo i ben 17 brani ascoltati, avremmo preferito restar lì, ascoltare ancora, riudire quei canti, quelle melodie. Fuori ci attendeva il Carnevale, dalle finestre di un circolo scendeva su di me il rumore scomposto di voci bercianti, non siringhe d’un Pan scatenato ma bramire di giovani voci rauche da insulsi gorgheggi. Ho chiuso lentamente, dietro di me, la porta di casa,e, nel silenzio che mi attorniva all’improvviso mi parve di risentire ancora il coro, il mio coro, che non ho abbandonato, è ancora là, in un angolo del mio cuore, un angoletto nascosto, gelosamente custodito tra i ricordi più belli.